Il randagismo
Il randagismo e la sua conseguenza, il canile, sono la testimonianza del fallimento della gestione del rapporto uomo-animale sia nella relazione privata, sia nella gestione pubblica: proprietari/famiglie, Stato-Regioni e Comuni.
La causa di questo fallimento è la mancata consapevolezza del valore di un cane adeguatamente socializzato alla vita di città, che costituisce il requisito fondamentale per la sua integrazione sociale. L’inadeguatezza degli interventi finora adottati nel vano tentativo di contenere il randagismo costituisce l’altro elemento di questo fallimento. Finora il canile è stato pensato, progettato, costruito ed utilizzato come centro di raccolta dei cani che nessuno vuole più, come struttura sanitaria e come luogo dove proteggere e tutelare i cani. Ciascuna di queste tre funzioni ha rappresentato l’obiettivo primario
- dei Comuni che devono costruire canili, catturare e mantenere i cani
- dei Servizi Veterinari che devono identificare, registrare all’anagrafe e sterilizzare
- e delle Associazioni che assolvono alla loro vocazione di protezione dei cani.
Il perseguimento di questi obiettivi, nel rispetto della norma, è alla base del grosso equivoco che impedisce la comprensione dell’origine del randagismo e quindi di individuare ed adottare interventi adeguati per una soluzione. In realtà bisogna comprendere che ciò che è considerato obiettivo è solo uno degli strumenti per il perseguimento del reale obiettivo che è quello “..di favorire la corretta convivenza tra uomo e animale.” come previsto nella dichiarazione di principio all’art. 1 della 281/91.
Bisogna quindi avere il coraggio di fare una vera innovazione:
- il randagismo deve essere dichiarato un’emergenza nazionale
- riconoscere il fallimento dell’attuale gestione del randagismo
- adottare strategie alternative a quelle messe in atto finora
- dare sostegno ai proprietari di animali da compagnia in difficoltà
- canili (con pochi cani) trasformati in rete di servizi ai cittadini
- valorizzare le competenze medico veterinarie soprattutto sotto il profilo comportamentale
- scoraggiare le adozioni ad ogni costo e promuovere l’adozione consapevole
- sensibilizzare sull’obbligo dell’identificazione
- standardizzare l’anagrafe canina che faccia affluire i dati ad un centro ministeriale
- promuovere interventi di integrazione sociale del cane (training cinofilo)
- adottare strategie di sterilizzazione all’interno di un piano sanitario a carattere d’emergenza
- considerare la reimmissione nel territorio dei cani catturati con un provvedimento eccezionale e transitorio e non una regola
La piaga del randagismo può essere curata solo se si riconosce l’importanza del rapporto uomo-animale, se si evita quindi di parlarne in termini banalizzanti, se si riconosce e se si valorizza il ruolo sociale della presenza animale. Impostare il problema del randagismo in termini di rapporto uomo animale permette di comprendere l’importanza delle scelte e dei comportamenti dell’uomo per prevenire quelle problematicità che portano all’abbandono, alla riproduzione incontrollata, alle aggressioni dei cittadini e di altri cani.
Promuovere e proporre scelte politiche, interventi sanitari, programmi di integrazione dell’animale domestico nella società degli umani, non è pura teoria, ma la premessa indispensabile perché istituzioni e cittadini adottino scelte operative che favoriscano una corretta partnership, con cani adeguatamente socializzati, socievoli e quindi con un’alta socialità. Di conseguenza aumenterà il livello di responsabilità e di consapevolezza dei cittadini e delle istituzioni e si ridurrà drasticamente il numero degli abbandoni e delle riproduzioni incontrollate. I canili ospiteranno un minor numero di cani, scenderanno quindi il numero delle sterilizzazioni, e su questi cani si potrà fare un lavoro di training cinofilo o di terapia comportamentale, in base alle risultanze della valutazione comportamentale, e potranno essere avviati a programmi di adozione assistita che riduce al minimo il rischio degli abbandoni o che il cane venga restituito al canile.
Ci vuole anche il coraggio di adottare un rivoluzionario cambiamento nella Costituzione Italiana come ha già fatto la Svizzera, la Svezia, l’Austria, la Germania e la Slovenia, nel riconoscere i diritti degli animali. Il Diritto italiano considera ancora gli animali come cose, oggetti del Diritto, e a niente è servita la frammentazione normativa a favore di un riconoscimento della loro dignità quali esseri senzienti. Serve una legge unica, che preveda coperture finanziarie e sanzioni, con l’introduzione della responsabilità civile dell’uomo verso gli animali, il riconoscimento del valore affettivo degli animali.
L’applicazione di queste norme, come è avvenuto negli altri Stati, porterebbe ad una migliore considerazione degli animali nella società e nella politica, con innegabili vantaggi per tutti: da un lato migliorerebbe la percezione degli animali nella società, dall’altro lato terrebbe maggiormente conto dei bisogni e dei diritti dei proprietari di animali che non sarebbero più considerati degli alieni o cittadini di seconda classe ed infine avrebbe il pregio di tenere conto degli interessi dell’uomo senza trascurare quelli degli animali.
I proprietari di cani hanno bisogno di una società solidaristica e di una politica attenta ai loro problemi, di sentirsi cittadini a pieno titolo e non discriminati, si veda ad esempio come la seconda causa di liti condominiali è rappresentata dalla presenza degli animali.
Non lasciare soli gli amici e le amiche dei cani riduce le situazioni di problematicità e di conflittualità, crea opportunità di servizi a loro beneficio, rimuove gran parte delle cause di abbandono e crea le necessarie premesse per contenere il galoppante problema del randagismo.